La natura esiste. Ed esiste come natura. Cioè come un insieme composto di identità non identiche. Di essenze strutturate, precise, determinate e particolari. Si vorrebbe il mondo come amalgama indifferente, di figure equivalenti, materia informe che poi ci penserebbe la coscienza a strutturare. La nostra mente sarebbe una grande produttrice di realtà. Senza di noi sembra che il mondo stesso non esista. Sembra che siamo noi a farlo essere. Ma il mondo si fa beffe del nostro senso di superiorità. Di cattiva superiorità, perché è vero che siamo superiori, ma non al punto di essere ideatori del reale.
La natura sta lì, di fronte a noi, splende di luce propria. O meglio, di luce ricevuta. Non è il mondo la luce ma risplende della luce che riceve. Non si autocrea, autoproduce, il mondo. Esso riceve l’essere, in tutte le sue parti. Lo riceve informato, strutturato, definito. Il lento o veloce evolversi del mondo sperimenta forme, nel senso che le sceglie tra le miriadi possibili nell’enorme, infinito, guardaroba dell’intelletto divino. E noi, piccole ma meravigliose creature, noi siamo lì a bearci dello spettacolo. Noi riceviamo come in uno specchio levigato il variegato spettacolo cosmico. In noi si avvera la profezia che il mondo contiene. Una lettera in un cassetto è una profezia latente, implicita; dice intrinsecamente di una grammatica; attende un lettore; nel suo stesso esistere la lettera profetizza il lettore. Anche se fosse chiusa in un cassetto, che nessuno legge e nessuno ancora sa di lei, eppure quella lettera nascosta reclama silenziosamente due occhi che la leggeranno e delle menti che la comprenderanno.
Così le forme preziose del mondo, immaginandole nel prima dell’uomo, o nel suo dopo, sono pur tuttavia protoumane, anticipatrici di menti perché figlie di una Mente. Le forme essenziali del mondo sono parole di una lettera, sono narrazioni di senso, testi di una grammatica neanche tanto segreta. Le nostre riflessioni, per quanto creative, partono sempre dalla (e tornato sempre nella) realtà composta e strutturata che ci precede e ci seguirà. Sta a noi leggere, contemplare, ammirare, imparare. Intelligenza = intus legere, leggere dentro.
Si capisce perché, nei giorni in cui in noi ha il sopravvento la superstizione di credere che esista solo materia informe, rifiutiamo decisamente l’imbarazzante naturalità del mondo, il fatto che esso sia natura, cioè insieme di forme dotate di essenza, di identità pre-costituita. I giorni in cui siamo atei, in cui prevale l’antica superstizione, mal sopportiamo di vivere immersi in una grammatica, detestiamo, perfino, quest’eccedenza di forme sensate, che troppo sfacciatamente indicano una Mente, una Sorgente. Le vogliamo fare noi, ci arroghiamo il diritto di determinare senso e uso delle cose (e perfino delle persone). Una foto raccoglie il mondo. Una foto con uno specchio che riflette il mondo, vuole dire anche che il mondo precede il riflesso e la stessa foto e noi che la scattiamo e la guardiamo.
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