Titolo: “Sia la luce”: il mattino del bis
Cavallo, uomo, casa. Ciò che ci precede e ciò che abbiamo fatto. La natura al completo. L’uomo si copre il volto per l’improvvisa luce; il cavallo scalpita imbizzarrito perché scosso anche lui dal boato luminoso; le finestre della casa si accendono e dalle aperture possiamo immaginare che chi le abita venga abbagliato e guardi fuori. Il fuori torna possibile. Nel buio della notte c’era solo il dentro, la chiusura, lo spappolato isolamento, la solipsisticità (brutta parola, ma rende). Lo Scheol per gli ebrei è il regno della morte in cui le vite non sono scomparse ma vivono una vita larvale, oscura, ridotta. L’anima eterna che siamo non può scomparire nel nulla. Ma il suo permanere non è auspicabile se vissuto nella buia solitudine. Un’eterna e insipida ombra non fa gola a nessuno. L’umanità che ha rifiutato il Creatore non si può aspettare altro. Chi si allontana dal fuoco non si deve stupire del freddo che incontrerà.
Ma ecco che, inaspettato, il fulgore di una luce ricreatrice torna a colorare l’universo spento. È la mattina del bis. Dopo la prima grande mattina della creazione, del “Fiat lux”, ecco che torna vincitore il Creatore. Per essere più precisi teologicamente, questa mattina è quella della risurrezione del Figlio. Il quale era sceso obbediente, silenzioso e perfettamente identico a noi mortali, per cercare i lontani e “rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”. La luce risplende e l’azzurro avvolge l’intera natura. L’azzurro di Gea. L’azzurro dell’aria e della vita.
Lo specchio potenzia l’azzurro e taglia il castello che è il “Groviera”, cioè il palazzo delle esposizioni all’Eur, così detto perché bucato su tutti i lati. Del castello ora resta una sola facciata. Forse a dire che le opere umane, con la loro pomposa superbia, sono riassumibili mediante la facciata di un set cinematografico, una gracile parete senza verità. Ma la luce ridà volume e sostanza all’insieme della natura. Disuniti nella tenebra, sempre più uniti nella luce.
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