Apro varchi perchè il Dio nascosto possa mostrarsi. Ma niente, nulla accade di rilevante. Nessuna teofania o ierofania o sensofania, o altra decisiva fania. Resta il mondo con la sua presenza ingombrante, e la mia piccola arte, come ogni altra arte, piccola o grande che sia, resta solo una richiesta. Un’implorazione, se si vuole. O una promessa mancata. Smetterò allora di fare varchi e implorare? Perchè si continua imperterriti nell’impresa impossibile? Cosa ci fa andare avanti, quale segreta speranza spinge il nostro fare? O siamo solamente ammaliati da una suprema illusione, prede ossessionate da vane promesse? Non serve ragionarci su, l’impresa continua, gli uomini raccontano fotografano scolpiscono da immemore tempo, forse da quando erano nella culla della loro umanità, o forse sono diventati uomini proprio grazie a questo grido di solitudine lanciato al mondo. A questo desiderio di incontro, di visione e ascolto con il segreto del mondo, con il Dio latente. Nella fotografia tradizionale l’immagine si sviluppava stampandola su un foglio di carta che immerso nel liquido acido piano piano mostrava la figura. Le linee e le ombre apparivano, con stupore incalcolabile, dal bianco nulla del foglio. Che serva anche qui un acido, l’acido della morte, per disvelare il senso latente e il volto nascosto?
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