Titolo: Ombra della sera
Non c’è ombra senza luce. Non c’è male senza bene. Qui si potrebbe aprire un dibattito con chi sostiene, rovesciando la frase, che non c’è luce senza ombra e bene senza male, decretando la necessità del male per la vita. Io sostengo di no. L’ombra viene dopo, non è necessaria. La frase teologica contenuta nella prima lettera di Giovanni evangelista, in cui si dice che “Dio è luce, in lui non ci sono tenebre”, sostiene che il primo Principio, l’Origine, l’Inizio, l’Essere eterno, è solo positivo. È la tenebra che ha bisogno della luce per essere considerata tale, come la malattia ha bisogno della salute per essere percepita. Anche se è frequente scoprire che la malattia e la perdita ci aiutano ad apprezzare meglio la salute e la vita che abbiamo, ciò non significa che queste negatività sono necessarie, ovvero obbligatorie e originarie. Significa solo che in questo tempo di passaggio sono utili per sapere apprezzare ciò che risplende da se stesso (la vita, l’essere) senza bisogno del suo contrario per affermarsi. A cosa conduce in concreto questo ragionamento? Al fatto che Dio è necessario, indispensabile per vivere, visto che ogni persona che alza l’indice per protestare di una situazione negativa (ingiustizia, malattia, morte…) afferma implicitamente la necessità del Bene, senza la quale non l’avvertirebbe.
Nella foto c’è un effetto di continuità della campagna, in modo da creare un cortocircuito tra scena apparente (il riflesso dello specchio) e mondo reale. Secondo me questo porta a dire, attraverso l’apparenza dell’immagine riflessa, che il mondo appare, sta apparendo, ma non che è apparenza. È piuttosto importante decidersi riguardo alla consistenza o meno della realtà. È illusione il mondo, oppure è vero, è reale e consistente? Si vive diversamente optando per una posizione o l’altra. Che peso dare all’amore terreno, ai piaceri della vita, alla bellezza che ci chiama, se sappiamo che è tutto illusorio? Perché poi piangere e soffrire per eventi crudeli e malvagi, per il dolore dei malati e degli sfortunati se tutto quanto è un finto film? La consistenza del mondo vuol dire che ciò che capita merita partecipazione e coinvolgimento in quanto reale. Non un sogno che si dissolve al mattino ma dura e vera realtà.
Nella foto c’è la mia ombra e l’ho intitolata “ombra della sera” richiamandomi alle statuette filiformi di Alberto Giacometti che mi affascinavano da ragazzo. È una forma di autoritratto privato del corpo. Gli autoritratti sono un genere diffuso in tutte le arti. Essere dentro la scena rappresentata rende noi compartecipi dell’evento narrato. Quello che la fotografia esprime ci riguarda in prima persona. Il fotografo non è un osservatore che guarda dall’alto dell’Olimpo ma è incarnato e partecipe di ciò che accade. La mia ombra mostra come faccio a fare quelle foto con lo specchio, ed è sopra un ballino di paglia. Il rimando ai testi biblici che ho interiorizzato è evidente: “I miei giorni sono come ombra che declina, e io come erba inaridisco” Salmo 101, “Come ombra è l’uomo che passa; solo un soffio che si agita” Salmo 38; “Sono come l’erba che germoglia al mattino: al mattino fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e dissecca” Salmo 89. Sono felice che nella Bibbia sia data parola al sentire profondo della vita. C’è la violenza e la speranza, la morte e la vita, l’eros e la solitudine. C’è tutto nella Bibbia, basta saperlo scovare.
Mi piacciono i ballini nella campagna. Li immagino come eserciti disposti in formazione. Una volta erano rettangolari, ora sono tondi. Ruote del tempo. In realtà sono fermi, immobili come una foto che sembra fermare il fluire del tempo. Ma questo fluire non è solo angoscia. Non dobbiamo rimuoverlo spaventati, perché (unendomi a quello che dicevo all’inizio) anche la percezione del fluire, come per l’ombra, è reso possibile da una previa intuizione dello stare e della luce. Se non sappiamo lo stare, potremmo percepire il divenire? In noi c’è un “germe di eternità”, come dice il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes. Un germe di eternità che grida contro la morte, rendendola percepibile ma anche, indirettamente, indicandone il superamento.
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