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marzo 2015

Prato / otarP

Prato / otarP

Eppure c’è vita.
Rigogliosa perfino.
Ma anche se verde,
Il muro è impenetrabile.
Restiamo di qua e Tu di là.
Inutile insistere, non ti commuovi.
L’urlo non lo fora, le lacrime non lo sciolgono.
Sembra perciò inutile rispondere con fermezza
alla tua ferma, risoluta, decisa, impresenza.
Eppure questo stesso grido,
questa stessa preghiera, pur convulsa,
non ci sarebbe senza Te, senza l’intravederti.
Dove sei allora? Se ci sei senza esserci?
Se nemmeno ti si può invocare senza il Tuo beneplacito?
Deve pur averti presagito l’anima sola
Che non si accontenta della sua devastante solitudine?
O benedetta lamentela che schiudi l’orizzonte.
Chi placido bruca il prato, fintamente beato,
Chi assapora la terra, le novità, il rettangolo cerchiato del qua.
Costoro non li invidio.
Meglio la rivolta, perchè l’appello alla gioia del reale
Si compie non da me, non da sè.
La promessa fa bene il suo lavoro quando non pretende
Di essere la risposta.
Il mondo è promessa.

La natura esiste

Alberi a Mantova

La natura esiste. Ed esiste come natura. Cioè come un insieme composto di identità non identiche. Di essenze strutturate, precise, determinate e particolari. Si vorrebbe il mondo come amalgama indifferente, di figure equivalenti, materia informe che poi ci penserebbe la coscienza a strutturare. La nostra mente sarebbe una grande produttrice di realtà. Senza di noi sembra che il mondo stesso non esista. Sembra che siamo noi a farlo essere. Ma il mondo si fa beffe del nostro senso di superiorità. Di cattiva superiorità, perché è vero che siamo superiori, ma non al punto di essere ideatori del reale.

La natura sta lì, di fronte a noi, splende di luce propria. O meglio, di luce ricevuta. Non è il mondo la luce ma risplende della luce che riceve. Non si autocrea, autoproduce, il mondo. Esso riceve l’essere, in tutte le sue parti. Lo riceve informato, strutturato, definito. Il lento o veloce evolversi del mondo sperimenta forme, nel senso che le sceglie tra le miriadi possibili nell’enorme, infinito, guardaroba dell’intelletto divino. E noi, piccole ma meravigliose creature, noi siamo lì a bearci dello spettacolo. Noi riceviamo come in uno specchio levigato il variegato spettacolo cosmico. In noi si avvera la profezia che il mondo contiene. Una lettera in un cassetto è una profezia latente, implicita; dice intrinsecamente di una grammatica; attende un lettore; nel suo stesso esistere la lettera profetizza il lettore. Anche se fosse chiusa in un cassetto, che nessuno legge e nessuno ancora sa di lei, eppure quella lettera nascosta reclama silenziosamente due occhi che la leggeranno e delle menti che la comprenderanno.

Leggi ancora

La linfa delle cose

Dalle parti del Maggi

“Le foglie di un albero appartengono dunque più a Dio che all’albero stesso. E l’albero viene dal Cielo ancor più delle nuvole, giacché un ippocastano è una creatura vivente, che partecipa delle perfezioni divine più dell’aria condensata in un cumulo. E’ il Cielo la linfa vitale della sua linfa…”
(Fabrice Hadjadj, “La Terra strada del Cielo”)

Da lontano

Da lontano

Arriva, e ci carica.
Non arriva, parte.
Viene,, (due virgole) da dove.
Da lontano, come un orgasmo.
Come un sorriso.
Senza trucco.
Che mi pare ci sia (per forza)
in chi racconta l’impensabile.